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MISSION: IMPOSSIBLE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 settembre 1996
 
di Brian de Palma, con Tom Cruise, John Voight, Emmanuelle Béart, Jean Reno, Kristin Scott-Thomas, Vanessa Redgrave (Stati Uniti, 1996)
 
Escono assieme, due film esemplari. Non proprio sul piano della qualità, forse nemmeno su quello della godibilità. Ma per comprendere cio' che succede all'interno di quel convento che ci passa la quasi esclusività del nostro nutrimento in immagini di finzione. Due film per molti aspetti simili, per altri (pochi) dissimili; per i loro effetti, sciaguratamente identici.

MISSION e THE ROCK appartengono alla stessa razza: quella delle pellicole programmate per vincere, per battere i record immediatamente segnalati da oltre Oceano. Ed altrettanto immediatamente superati da altri record, tanto da perderci il conto. Da renderli immediatamente caduchi, e quindi vieppiù fragili, e allora privi di qualsiasi interesse che non sia quello per le tasche dei loro finanziatori.

MISSION è costato 80 milioni di franchi; ne ha incassati 220 in poche settimane di programmazione americana. E quasi mezzo miliardo, nel resto del mondo. THE ROCK a Parigi è primo nelle entrate (oltre 400'000) di quest'inizio di stagione. Per condividere queste situazioni di privilegio, i due film hanno allora varie cose in comune: nomi altisonanti fra i loro attori, vicende impossibili ma spettacolari, utilizzo più o meno inedito degli effetti spettacolari (o delle immagini virtuali, confesso di interpretarne sempre meno la differenza), montaggi mozzafiato eventualmente a scapito della comprensione - il che sembra diventare sempre più relativo -, un aspetto insomma da flipper di lusso. Apparentememte - viste le cifre di cui sopra - sempre più apprezzato. Per l'esaltazione che provoca ai nostri organi più rassegnati; e la progressiva dimissione a quelli cerebrali.

Non tutto, però, era necessariamente destinato ad accomunare i due film. Perchè su Brian de Palma le note del vostro cronista erano assai diverse: dei quattro celebri compari (gli altri essendo Scorsese, Spielberg e Lucas ) questo seguace di Hitchcock è il piu' portato alle tentazioni formali. Assai meno logico e razionale del maestro, piu' romantico, piu' barocco, altrettanto dotato plasticamente e infinitamente piu' pasticcione. Dipinge delle solitudini, delle vittime, degli innocenti, degli eroi menomati, condannati a torto, per i quali lo spettatore non puo' che condividere (vero Hitch ?) le pene. E condanna la manipolazione: sociale, politica, morale. Con notevole talento tecnicistico, abile utilizzo degli ambienti. Ma anche con scarso approfondimento dei personaggi, basati sovente su sceneggiature sconclusionate, psicologie difficilmente credibili.

Nei suoi momenti migliori, il cinema di Brian de Palma diventa quello del fascino dell'illusione.

E della contraddizione: quella che permette al cineasta di prendersi gioco dello spettatore, di contraddirne il processo di deduzione logica grazie alla qualità, squisitamente illusoria dello sguardo. Nessuna meraviglia, quindi, se il suo cinema assume delle costanti sempre più decise: l'assenza di una vera «storia», il cinema ed il suo linguaggio che diventano il vero soggetto. E un insaziabile piacere di filmare.

Ma per rinunciare all'aneddoto, per dare totalmente nell'invenzione visionaria, bisogna avere coraggio, oltre che libertà nei confronti della produzione. Tutte cose che de Palma, almeno in parte, non ha mai posseduto..

Nel bene, ed aihmè soprattutto nel male, MISSION: IMPOSSIBLE entra come un guanto in questa cornice. E' come diviso in tre parti: una prima (lo spionaggio a Praga, alla ricerca di un dischetto sul quale si troverebbero i nominativi di tutti gli agenti della CIA e la soluzione di tanti misteri tipo l'uccisione di Kennedy...) tutta giocata su un raffinato gioco di rinvii (le spie sono collegate fra di loro da minicineprese, cosi che lo sguardo del regista viene a sposarsi con quello dei protagonisti, ad interferire nell'azione medesima). Dove l'atmosfera dell'Est è captata in un delizioso amalgama dettato dalla tradizione cinematografica del genere, e la trascrizione visuale del concetto di manipolazione, di ambiguità, di desiderio e di diffidenza.

Quindi da una seconda, forse altrettanto hitchcockiana ma già più convenzionale: con l'hold-up alla centrale dell'FBI, e l'accesso al superprotetto computer. Ed infine da una terza, la più reclamizzata e regolarmente degradata: quella degli effetti sempre meno speciali, dell'elicottero che entra assieme al TGV nel tunnel sotto la Manica.

Cosa è successo? Ciò che intendevamo per effetti identici: di due pellicole nate da due individui dissimili, ma destinate ad esistenze e finalità identiche.

Perché un cinema che si vorrebbe (formalmente) libero come quello di de Palma non può sottostare alla prioritaria logica di un Produttore; specie se questi è pure l'Attore. MISSION:IMPOSSIBLE è fatto, perché pagato, da e su Tom Cruise. Che è la vera, sola ragione sulla quale si costruisce (o,piuttosto, decostruisce) il film. Tom con il suo ciuffo ribelle, ma al posto giusto. Al quale hanno insegnato come esprimere furore ed amore, determinazione e desiderio, oltre a quell'altro paio di sentimenti che gli servono nel film: stringere i denti, che cosi gli si agitano i mascellari.


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